Ciao a tutti!! Dai post, dagli spunti e dai vari link proposti sono emersi tanti aspetti della tecnologia che fino ad ora ignoravo. Io che credevo di far parte della nuova era , ma devo ammettere che mi sono scoperta un'antenata. Sono emerse molte idee di lavoro da attuare nelle scuole, nelle classi con gli alunni, e perché no anche tra le insegnanti. Tutto molto bello, ma c'è un però... Io provengo da una cittadina in provincia si Siena, non è il Burundi o chissà quale angolo degradato di una favelas, ma siamo in Italia e nelle scuole dove sono stata oltre ai bambini firmati da capo a piedi ci sono anche figli di immigrati e figli di poveri diavoli che faticano ad arrivare a fine mese. Una volta ,in terza , un bambino aveva finito penne e gomma, e scherzando lo fece presente al maestro. Questo stando al gioco rispose al bambino che forse la mamma era un po' sbadata in quel periodo e che si era dimenticata di comprargliele. La risposta del piccolo però non fu molto felice: esordì dicendo che la mamma gli avrebbe comprato la penna appena il padre riceveva lo stipendio. Questa è la storia di un bambino italiano, che non è dovuto salire su un barcone per scappare ad una guerra o perché faceva la fame. Questa è la storia di un piccolo alunno che ho avuto il piacere di incontrare, e come lui nella sua classe ce ne sono altri. C'è il bambino sballottato da una casa famiglia all'altra perché il padre è in galera e ci sono le gemelline senegalesi che vengono a scuola con grembiuli lisi e sudicio. Ora io mi domando nella mia ignoranza: come possiamo coinvolgere questi bambini nelle belle attività didattiche, come quella del pad raccontata dal professore, dove si era creata una rete tra gli alunni della classe, se questi bambini, rammentati sopra, hanno a malapena i soldi per due penne? Non possiamo certo chiedergli di comprare un computer e un abbonamento ad internet!! Mi chiedo allora: ricorrere ad una didattica ricolma di tecnologia con bambini che non possono sperimentala a casa, a causa della loro condizione, non è più un esclusione invece che "un'inclusione"? Non si rischia di produrre invidia e frustrazione?
La mia riflessione non vuole essere una critica nei confronti della tecnologia, ma un modo per ricordare che pensiamo anche a chi abbiamo davanti nelle nostre classi. Pensiamo a dove lavoriamo, perché è inutile pretendere mille stratagemmi 2.0 se poi non ci sono soldi per comprare la carta igienica, pennarelli nuovi o semplicemente 3 euro per 2 penne cancellabili e una gomma. Purtroppo la tecnologia non è detto che sia a portata di tutti.
Un saluto Marta Vegni