Ciao! Mi sto occupando proprio di questo tema per fini di tesi quindi mi fa piacere condividere con voi qualche notizia "scientifica" che ho trovato.
E’ stato dimostrato proprio da alcune ricerche che gli esercizi di matematica provocano ansia e che questo fenomeno è specifico per questa disciplina, condizionando anche la vita futura dell’individuo, dalla scelta degli studi alla carriera professionale. La neurologa Judy Willis, ad esempio, ha mostrato che durante lo svolgimento di un quesito matematico c'è molta attività nell’amigdala (centro emotivo del cervello) provocando un forte stress. Secondo il professor Vinod Menon della Stanford University (California) la parte del cervello da cui si origina l’ansia per la matematica è la stessa che si attiva nelle situazioni di paura. Pietro di Martino e Rosetta Zan dell’Università di Pisa hanno analizzato più di 2000 temi scolastici (titolo “Io e la matematica: il mio rapporto con la matematica dalle elementari a oggi”) per indagare il rapporto degli alunni con la matematica e hanno evidenziato una prevalenza di emozioni negative. Coloro che erano indifferenti dal punto di vista emotivo nei confronti di questa disciplina erano, inoltre, quasi esclusivamente coloro che non avevano mai avuto difficoltà. Anche Cornoldi ha svolto un’indagine su bambini della scuola primaria pervenendo ai seguenti risultati: il 50% degli intervistati ha dichiarato che quando sbaglia un esercizio ci rimane molto male e lascia stare, il 38% che spesso prova malessere durante lo svolgimento dei compiti in classe (mal di pancia o altro), il 62% che ha timore della matematica e il 52% che ha pensato di essere stupido dopo un insuccesso sempre nella medesima materia. Molte sono secondo lui le ragioni di questo timore diffuso:
• in matematica l’errore è evidente e non può essere messo in discussione;
• non è possibile ricorrere alle strategie utilizzate con successo in altre materie, come il metterci maggior impegno, essere diligenti, ecc;
• è diffusa la credenza che per avere successo in matematica sia necessario essere “portati”: molti hanno paura di sbagliare proprio per il timore di dover prendere atto dei propri limiti intellettivi.
Sembrerebbe proprio una sorta di “paura sociale” che si tramanda di generazione in generazione indipendentemente dai vissuti emotivi individuali. Secondo Elisabeth Gunderson, professoressa alla Temple University di Philadelphia, avverrebbe un transfer adulto-bambino tale da far passare il concetto “la matematica è difficile” come fosse una verità assoluta. Si tratta di un vero e proprio “mito sociale” secondo cui una persona o è brava in matematica o non lo è . A questo circolo vizioso “ansia per la matematica – scarsi risultati – ansia per la matematica” contribuisce anche l’eccessiva importanza che viene attribuita ancora oggi alla memorizzazione e ai test a tempo. Vi è la convinzione che saper svolgere un calcolo velocemente o ricordarsi a memoria numerosi fatti aritmetici sia l’essenza della matematica, mentre prendere tempo per riflettere è considerato una debolezza. Imporre la velocità invece crea ansia ed è dannoso per tutti gli studenti: quando si trovano a dover rispondere a certe domande in pochissimo tempo la memoria di lavoro si blocca, non riescono ad accedere alle proprie conoscenze e, consapevoli di questo, provano un forte stress che causa una riduzione della loro autostima in matematica (chi non lo ha provato all'esame di matematica del quarto anno?? ahahaha). Un altro fattore che contribuisce a “vivere male” la matematica è la convinzione che il successo in matematica corrisponda al non fare errori. In realtà tutto dipende da come gli errori vengono valutati. L’approccio tradizionale degli insegnanti è quello di credere che la mancata risposta corretta a un quesito dipenda da conoscenze o abilità insufficienti in quel contesto. L’interpretazione delle cause dell’errore, invece, è tutt’altro che oggettiva: vi possono essere molteplici interpretazioni diverse e identificare l’errore con le difficoltà è per gli alunni devastante. Evitare gli errori è impossibile e lo scopo della valutazione dell’insegnante dovrebbe essere quello di dirigere e non bloccare l’apprendimento. E’ molto importante per un insegnante avere un repertorio di interpretazioni possibili che tengano conto del contesto, dei vissuti, delle misconcezioni che fanno sì che lo studente, molte volte, non applichi male un concetto corretto ma, al contrario, applichi bene un concetto errato ormai interiorizzato (cit. Gavangna!).
Spero di esservi stata utile)!!