Risposte alle domande.

Risposte alle domande.

di INNOCENTI ELENA -
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Buonasera a tutti.

Rispondo in ordine alle domande.

1. Ho ritenuto molto proficua la possibilità di farci confrontare con un protocollo di dibattito regolamentato, perché ritengo possa essere una pratica in grado di potenziare, indirettamente, sia le capacità didattiche e comunicative di un ipotetico insegnante o comunque di un divulgatore, sia qualità come: la fiducia in sé stessi e nella propria comunicazione, la capacità di esporre e di argomentare, la capacità di ricevere delle critiche; tutte fondamentali da un punto di vista pedagogico. Inoltre è innegabile come il confronto con forme di dibattito regolamentato sia estremamente rilevante per studenti di Filosofia/Scienze filosofiche. Per quanto riguarda l'aspetto della didattica in sé, sarebbe forse utile inserire elementi di metodo d'insegnamento in senso stretto, ma non so quanto sarebbero compatibili entrambi gli elementi in un corso da soli 6 CFU, e forse preferirei a questo punto lasciare più spazio agli aspetti del dibattito e della comunicazione.

2. Per quanto riguarda il protocollo, ho riscontrato, anche insieme ad altri colleghi, che sarebbe forse necessario un aumento, anche leggero, del minutaggio previsto per il dialogo socratico: mentre gli altri ruoli hanno una natura prettamente monologica e perciò permettono, dato che si è da soli a parlare, di regolarsi abbastanza bene con il minutaggio, nel dialogo socratico non è facile sintonizzarsi subito con le modalità di domanda/risposta dell'altro, e non appena questa sintonizzazione avviene il tempo è finito. Utilizzando il torneo da noi esperito come esempio, in quasi tutti i dialoghi socratici ho riscontrato una difficoltà nel creare una vera e propria conversazione e spesso si era più creata la prevalenza di uno dei due ruoli sull'altro. Quindi forse un leggero aumento di tempo potrebbe essere utile ai fini del dibattito stesso. Fermo restando anche che la necessità per i due dialoganti di sintonizzarsi subito tra di loro possa costituire un ulteriore sfida comunicativa creata dal protocollo.     

3. Penso che la creazione di gruppi misti sia un fattore molto sfidante e in quanto tale può portare a risvolti sia positivi sia negativi. In un prospettiva che privilegia lo sforzo e la fuoriuscita dalla comfort zone (costituita dal lavoro in un gruppo omogeneo) opterei per rimanere sull'opzione dei gruppi misti. Inoltre un gruppo omogeneo rischierebbe di farsi prendere da una buona dose di deformazione professionale, focalizzandosi troppo sul "cosa" del dibattito e tralasciando il "come".  

4. Penso che sia utile mantenere questi incontri anche nei corsi futuri.

5. La questione, da un punto di vista generale, è a mio avviso abbastanza controversa, anche se secondo me il punto non è tanto il privilegiare i "modi" o il "cosa", quanto il taglio prospettico che si dà all'intreccio di questi due aspetti dell'esposizione. In questo senso occorre prestare attenzione al contesto di riferimento: se si tratta di un ambito accademico è ovviamente necessario che l'intreccio equilibrato tra contenuto dell'esposizione e modo dell'esposizione si attesti su un livello tecnico. In altri contesti, diciamo divulgativi, entrambi i due elementi, dato il loro inevitabile stare insieme, devono adattarsi all'ambiente della comunicazione, ma questo non significa certo impoverirli o abbassarli. Per tornare sul dibattito in senso stretto, per noi studenti di Scienze Filosofiche è sicuramente stato un po' spiazzante adattarsi a questo nuovo ambiente di esposizione, abituati come siamo a servirci unicamente della ragione, della logica e dell'analisi e non avvezzi perciò a mezzi di persuasione retorici, che potremmo anche considerare, in parte a ragione, scorretti o comunque non propriamente razionali. Ma una volta individuato il fine dell'azione argomentativa che si sta per intraprendere, secondo me questa difficoltà svanisce. Penso quindi che la questione non costituisca un problema: basta discernere i contesti di riferimento.

6. Riguardo a quest'aspetto non saprei dare una risposta univoca. Da una parte il rischio della valutazione di gruppo è che possa presentarsi lo scenario in cui solo alcuni membri del gruppo si diano da fare per il lavoro, rendendo perciò ingiusta la valutazione. Dall'altra parte però il dibattito non possiede le stesse caratteristiche di un esame standard, dove, alla fine, è quasi solo necessario studiare ed essere preparati, ed è inoltre una tipologia di prova a cui si è completamente abituati. Il dibattito invece non solo è uno scenario inedito, ma in esso si presentano anche fattori di perfomance assenti in un esame ed è perciò più esposto a difficoltà, anche emotive, che non so quanto sarebbe opportuno valutare. Infine alcuni ruoli permettono una preparazione preliminare e, alla fine, necessitano solo di una buona capacità oratoria, altri invece presentano alcuni elementi di imprevidibilità e improvvisazione rendendo non possibile una vera e propria preparazione. Quindi forse sarebbe meglio una valutazione di gruppo, ma non ne sono sicura.

Grazie per l'attenzione e buon fine settimana.