Riflessioni personali sugli interrogativi sul corso

Riflessioni personali sugli interrogativi sul corso

di MATTEOLI RICCARDO -
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Buongiorno, rispondo brevemente ai punti indicati premettendo che da “esterno” per me è un po’ più difficile valutare il corso in quanto parte di un più ampio piano di studi. Mi limito al corso in sé.

  1. Personalmente sono molto interessato all’argomento “dibattito” e mi piace. Rispetto al suo inserimento in un corso di didattica della filosofia, penso sia opportuno, come per la didattica in generale, quale strumento utile per lavorare su alcune competenze da trasmettere agli studenti. Come ogni corso, alla fine va fatta una selezione e con le ore a disposizione difficilmente si saranno toccati i molteplici aspetti implicati nella materia, in questo caso la didattica. Dipende anche dall’insieme del piano di studi. Diciamo che, a mio avviso, non vedo il dibattito come la prima cosa a cui penserei immaginandomi un corso di didattica, questo non vuol dire che esso non possa rappresentare un altrettanto strumento valido. Soprattutto, essendo un lavoro pratico e di allenamento, sicuramente è prezioso durante la formazione, più di concetti teorici che si possono studiare anche da soli. Magari, ecco, dare dei riferimenti bibliografici di didattica, anche se non trattati durante il corso, e poi lavorare insieme sul dibattito potrebbe essere utile.
  2. Ho trovato il protocollo interessante, mi sembra molto adeguato. Sarebbe bello poter avere più tempo per “allenarsi” e vedere esempi prima del torneo, però capisco che i tempi del corso siano ristretti. Non sarebbe male neppure avere più tempo tra la spiegazione del protocollo e l’esecuzione del dibattito finale, per documentarsi e prepararsi, ma alla fine anche questo serve a abituarsi ai tempi stringenti che possono esserci nel lavoro e non solo. Rispetto ai tempi modificati del protocollo originale, forse così sono particolarmente brevi. Soprattutto per dialogo socratico e repliche o difese, dove non vi è un discorso in quanto “monologo” preparato, ma un discorso più “dialogico” appunto.
  3. Su questo punto, invece, penso fermamente che la collaborazione tra persone di percorsi diversi sia utile e costruttiva. A meno che non si debba preparare un’argomentazione in breve tempo su un argomento molto peculiare di un ambito disciplinare, per cui chi ne sa poco o niente sarebbe “svantaggiato", meglio un gruppo misto. Anche in quest’ultimo caso, comunque, in un gruppo misto ciascuno potrebbe portare qualcosa della sua disciplina, con contributi finali potenzialmente più ricchi, però sarebbe certamente più faticoso. Come ogni lavoro di gruppo poi, conta soprattutto la collaborazione, o meno, che si crea tra i membri, ancor più della disciplina.
  4. Come per il punto precedente, ben venga che ci sia anche il contributo e il punto di vista di un’altra posizione. Quindi ottima, se possibile, la partecipazione di docenti delle scuole medie-superiori. Magari, questa potrebbe essere “sfruttata”, più che per entrare nel merito delle argomentazioni, rispetto alla “gestione” del dibattito regolamentato in una classe media o superiore. Creare, cioè, maggiormente un collegamento con il contesto di cui quei docenti già fanno esperienza e che un domani sarà quello in cui presumibilmente lavorerà chi segue il corso.
  5. L’allenamento al “modo” o al come dire le cose è fondamentale, del “cosa” se ne parla già di più. Il “cosa” è fondamentale, servono riferimenti e nozioni. Queste possono essere, però, indicate e lasciate maggiormente all’osservazione individuale. Il “come” presentare le cose è invece meglio poterlo sperimentare e sentirselo spiegare direttamente. Come abbiamo visto, è bene padroneggiare il “come” perché, semplificando, è quello che ha la meglio sul “cosa”.
  6. Questo non è un punto da poco, come ogni volta che si parla di valutazione. Faccio una premessa. Direi che, dati i tempi ristretti per far proprie delle competenze in larga parte estranee o quanto meno poco “addestrate”, valutare la sola “performance” nel dibattito rischia di restituire una valutazione parziale. Per quanto si possa studiare e impegnarsi, la performance potrebbe risultare scadente nella pratica. Oppure, d’altro canto, si potrebbe fare una buona performance più per una pre-esistente “dote naturale”, che per l’impegno profuso durante il corso. Diversa, la valutazione come valutazione del lavoro del gruppo, della ricerca per l’argomentazione e della fase di preparazione, diciamo così, “a tavolino”.
    Rispetto poi alla questione “valutazione individuale o di gruppo?”, direi che, pur con pro e contro per ciascuna opzione, una valutazione di gruppo possa essere adatta vista la natura del corso. Nel dibattito così impostato, emerge il gruppo, quindi anche la valutazione può rispecchiare il gruppo. La questione resta, tuttavia, delicata. Da non escludere, forse, la possibilità di integrare "il voto di gruppo”, qualora ritenuto scarso per il singolo, con un’altra prova (ad es., sugli aspetti teorici affrontati). Sicuramente da valorizzare il lavoro in gruppo durante il corso per lo spirito di collaborazione, perché le occasioni per lavorare in team sono inferiori.

Spero le mie impressioni a caldo possano essere d’aiuto. Ci tengo a ringraziare tutti e tutte per questa bella esperienza, soprattutto chi l'ha resa possibile!