Cass. civ., sez. III, 11-07-1996, n. 6313.
L'atto con cui il notaio riceva le dichiarazioni dei legittimari dirette a confermare espressamente le disposizioni testamentarie rese in forma orale dal de cujus, sulle premesse - dai medesimi dichiarate - dell'inesistenza di un testamento formale e della ripetuta, dettagliata e mai revocata volontà del defunto, espressa oralmente, circa la destinazione dei propri beni, non invade i compiti di accertamento riservati all'autorità giudiziaria, in ordine (nella specie) all'esistenza ed alla nullità del testamento nuncupativo nonché alla intervenuta realizzazione della fattispecie sanante prevista dall'art. 590 c.c., e non è quindi suscettibile di esser disciplinarmente sanzionato, ai sensi degli art. 1 e 138 legge notarile, atteso che la convalida non presuppone alcuna preventiva attività di accertamento circa la nullità delle disposizioni convalidate (né, peraltro, preclude un tale accertamento, da parte dell'autorità giudiziaria in caso di successiva contestazione) e tenuto altresì conto che la fede privilegiata propria dell'atto notarile non si estende al contenuto della dichiarazione di convalida, rispetto al quale non è quindi configurabile alcuna attività di accertamento da parte del notaio.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con atto di citazione notificato in data 26 ottobre 1988 i signori Me. Ma. ed Vi. El. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Treviso il Comune di Casier, e premettevano che il loro dante causa, Me. Gi. , aveva ceduto a detto ente un terreno di sua proprieta', al prezzo, determinato in via provvisoria, di L. 13.925.520, con atto in data 8 agosto 1980, al quale accedeva una clausola secondo cui le parti avevano la possibilita' di determinare in via definitiva il corrispettivo, dopo un biennio trascorso senza che in materia fosse intervenuta una disciplina piu' favorevole, sul presupposto, accettato dalle parti, dell'incongruita' del prezzo determinato in via provvisoria, tramite il giudizio inappellabile di un collegio arbitrale, composto da tre membri, di cui due nominati, entro due mesi da detto biennio, da ciascuna delle parti, ed il terzo individuato in base all'accordo dei primi due arbitri, o, in difetto di esso, dal Presidente del Tribunale di Treviso. 1.1 - Chiedevano quindi che, non avendo il Comune acceduto alla richiesta di nominare il proprio arbitro, la determinazione del conguaglio fosse effettuata dal Tribunale adito, che, con sentenza depositata in data 16 maggio 2002, dichiarava inammissibile la domanda. 1.2 - La Corte di appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di primo grado, osservando che, avendo le parti previsto la determinazione del prezzo mediante arbitraggio, i proprietari avessero tempestivamente interpellato il Comune circa la valutazione di congruita' o meno del prezzo gia' stabilito, indicata come presupposto per la domanda di revisione, ma fossero incorsi nella decadenza prevista per tale azione, desunta, ancorche' non esplicitamente formulata, dalla natura del termine indicato per il ricorso all'arbitratore o all'autorita' giudiziaria. Sotto tale profilo e' stata modificata la motivazione della decisione di primo grado, nel senso che non si trattava di domanda inammissibile, ma di decadenza dall'azione. Sono poi state giudicate assorbite le questioni sollevate dal Comune con il gravame proposto in via incidentale condizionata. 1.3 - Per la cassazione di tale decisione il Me. e la Vi. hanno proposto ricorso, con due motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Casier, che interpone ricorso incidentale, affidato a tre motivi. Le parti hanno prodotto memorie ai sensi dell'articolo 378 c.p.c..MOTIVI DELLA DECISIONE2 - Va preliminarmente disposta, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., la riunione dei procedimenti, relativi a ricorsi proposti avverso la medesima decisione. 2.1 - Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 2965 c.c. e articolo 152 c.p.c., sostenendosi che la ritenuta natura decadenziale del termine, non esplicitamente prevista, sarebbe priva di riscontro sul piano normativo e, inoltre, renderebbe eccessivamente difficile l'esercizio del diritto. Vengono indicati i seguenti quesiti di diritto: "E' necessario che due parti in un contratto debbano espressamente stabilire un termine come di decadenza in deroga al termine prescrizionale previsto per legge e se si, a quali condizioni?". "E' possibile applicare l'articolo 152 come fatto nella sentenza impugnata a un termine fissato dalle parti per attribuirgli valore perentorio?". 2.2 - La seconda censura attiene al vizio di motivazione contraddittoria e insufficiente circa un punto decisivo della controversia, riguardante la natura del suddetto termine. 3 - Il ricorso presenta vari profili di inammissibilita'. In primo luogo deve rilevarsi che debbono trovare applicazione, per essere stata impugnata una sentenza depositata in data 8 agosto 2007, le disposizioni del Decreto Legislativo 2 febbraio 2006 n. 40 (in vigore dal 2 marzo 2006 sino al 4 luglio 2009), con particolare riferimento all'articolo 6, che ha introdotto l'articolo 366-bis c.p.c., senza che possa rilevare la sua abrogazione - a far tempo dal 4 luglio 2009 - ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 47, comma 1, lettera d), in virtu' della disciplina transitoria del suo articolo 58, comma 5 (con ultra-attivita' ritenuta conforme a Costituzione, tra le altre, da Cass., ord. 14 novembre 2011, n. 23800). I criteri elaborati per la valutazione della rilevanza dei quesiti vanno applicati, infatti, anche dopo la formale abrogazione, nonostante i motivi che l'avrebbero determinata, attesa l'univoca volonta' del legislatore di assicurare ultra-attivita' alla norma (per tutte, v. espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079). Quanto ai quesiti previsti dal primo comma di tale norma, in linea generale (Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704), essi devono compendiare (e tanto che la carenza di uno solo di tali elementi comporta l'inammissibilita' del ricorso: Cass. 30 settembre 2008, n. 24339): a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Inoltre, essi debbono porre questioni pertinenti alla ratio decidendi, perche', in contrario, essi difetterebbero di decisivita' (sulla indispensabilita' della pertinenza del quesito, per tutte, v. Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347; Cass., ord. 19 febbraio 2009, n. 4044; Cass. 28 settembre 2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901). Quanto poi al capoverso dell'articolo 366 bis c.p.c., va rilevato che per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione - con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso - di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza gia' Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure - se non soprattutto - le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione; tale requisito non puo' ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell'illustrazione del motivo all'esito di un'interpretazione svolta dal lettore, anziche' su indicazione della parte ricorrente consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure. 3.1 - I quesiti proposti dai ricorrenti, con riferimento al primo motivo, si risolvono - senza per altro essere del tutto congrui rispetto alle ragioni sostenute nel motivo - in un mero interpello alla Corte circa la verifica della sussistenza o meno del vizio denunciato, risultando altresi' privi di qualsiasi riferimento alla fattispecie in concreto esaminata, nonche' della chiara indicazione della regola di diritto applicata dal giudice del merito e di quella che, al contrario, avrebbe dovuto essere affermata. La loro astrattezza, quindi, comporta che qualsiasi risposta, affermativa o negativa, non avrebbe alcuna incidenza in merito alla soluzione della controversia. 3.2 - La seconda censura, poi, non e' in alcun modo illustrata con la sintesi conclusiva formulata nei termini sopra indicati. 3.3 - Deve inoltre rilevarsi come l'omessa trascrizione della clausola n. 4 del contratto, meramente evocata, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non avrebbe in alcun modo consentito di apprezzare le ragioni della doglianza. 4 - Deve altresi' rilevarsi l'inammissibilita' del ricorso proposto in via incidentale dal Comune di Casier, con il quale si ripropongono i temi relativi alla violazione dell'articolo 1349 c.c., articoli 808 ter e 810 c.p.c. e della L. n. 865 del 1971, articolo 19, nonche' della nullita' della decisione per violazione del principio di cui all'articolo 112 c.p.c.. Deve, infatti, trovare applicazione il principio secondo cui il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza (non ricorrendo altrimenti l'interesse processuale a proporre ricorso per cassazione), cosicche' e' inammissibile il ricorso incidentale con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito, perche' non esaminate o ritenute assorbite, salva la facolta' di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (Cass. 20 dicembre 2012, n. 23548; Cass., 15 febbraio 2008, n. 3796). 5 - Le spese processuali, in considerazione della reciproca soccombenza, vanno compensate.P.Q.M.La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa interamente fra le parti le spese processuali. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 aprile 2014. Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2014
ISSN 2498-9509   IL FORO ITALIANO
Cod abb: 49923-000



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