B011327 (1170) - DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI 2018-2019
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Erasmus students can attend the course in English using the materials on the site, carrying out the planned activity (thesis in the matter of transboard succession or in matter of Italian family law) and participating to the discussion groups on March 1st 10,30 am on Italian family law (D4 room 3.64), on 15th March on the Regulation 650 at 10,30 am (D4 room 3.64), 4th April on the reform of the law of succession 14 pm ( D4 room 364), 20 May 12 in preparation to the discussion of thesis.
Erasmus students will take the exam in English discussing on the thesis prepared during the course, the thesis has to be sent by 28th May trough moodle. Discussion of the thesis will be on 31 May at 10 room d4 102.
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Ouvert le : mercredi 1 mai 2019, 17:00À rendre : mardi 28 mai 2019, 17:00
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1. Premessa
La morte dell’individuo determina l’insorgere della esigenza per l’ordinamento di trovare criteri per allocare il patrimonio rimasto senza titolare non solo per ridurre i conflitti tra aspiranti alla successione, ma anche per rispondere alla necessità di individuare un responsabile per le varie res costitutive del patrimonio del de cuius nonché per evitare che una res, non riferibile ad alcun dominus, non sia custodita e gestita utilmente, rischiando peraltro di rimanere sottratta alla circolazione giuridica ed economica
Del resto che queste esigenze siano proprie della vicenda successoria lo si percepisce nella lettura delle norme poste per regolamentare la gestione dei beni dell’asse ereditario nel tempo che intercorre tra l’apertura della successione e l’accettazione dell’erede qualora il chiamato non sia in possesso dei beni ereditari. L’art. 460 attribuisce al chiamato all’eredità il potere di esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari anche senza avere la materiale apprensione di tali res. Al chiamato sarebbero così consentiti gli atti che tendono alla conservazione del patrimonio ereditario.
Taluno interpreta peraltro la norma nel senso che il chiamato sia obbligato ad amministrare divenendo un curatore dell’eredità giacente (AZZARITI).
Il legislatore parla in vero di eredità giacente solo nel caso in cui il chiamato non abbia accettato l’eredità e non sia nel possesso dei beni ereditari.
Tali sarebbero i presupposti ex art. 528 per avere la nomina di un curatore, su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio, il quale sarà obbligato all’amministrazione dei beni.
La gestione del patrimonio ereditario si attuerà ad opera di detto curatore mediante atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, previo inventario dell’eredità e, per gli atti di straordinaria amministrazione, autorizzazione del tribunale (NATOLI). Il curatore diverrebbe così un soggetto fornito di un potere originario (non potendosi qualificare come rappresentante del de cuius), autonomo e vincolato allo scopo. Qualcuno parla al riguardo addirittura di un ufficio di diritto privato (NATOLI).
La dottrina maggioritaria, nel tentativo di individuare la natura giuridica dell’eredità giacente, tende a considerarla come un patrimonio autonomo sottoposto ad amministrazione nell’interesse dell’erede . Forse, però, come detto, vi sono anche interessi più generali ad una simile amministrazione. Del resto la nomina del curatore può avvenire anche d’ufficio.
Fatta tale premessa, nel considerare quali criteri deve seguire l’interprete nella soluzione di problemi di fronte alla ridotta disciplina delle invalidità testamentarie, non si può non considerare come il testamento, quale strumento di programmazione delle proprie vicende successorie, possa entrare a far parte del sistema di circolazione dei beni, senza dimenticare la passata querelle sulla funzione circolatoria degli atti di ultima volontà.
Chi avvicina la circolazione giuridica alla circolazione economica, non può che allontanare le vicende successorie dal sistema di circolazione dei beni in quanto i trasferimenti mortis causa non sarebbero fondati su meccanismi di accrescimento dell’utilità del bene trasmesso (CARNELUTTI F).
Si nota inoltre come nella successione vi sarebbe estinzione del diritto sul bene per mutamento necessario della persona del titolare, pertanto non potrebbe esservi circolazione .
Per contro altri osserva che sarebbe ammissibile la successione di un soggetto ad un altro in un rapporto, senza necessario mutamento sostanziale di questo, laddove tale successione sia derivante da un fatto naturale (la morte) la quale sarebbe causa e non mera condizione dell’effetto traslativo (AZZARITI).
Non solo, ma l’idea che la successione nei beni del de cuius muova da una condizione necessitata dalla estinzione delle situazioni giuridiche soggettive che insistevano in capo al defunto, risulta fondata su una concezione delle situazioni giuridiche come estensione del soggetto.
Lo stesso concetto giuridico di patrimonio è stato a lungo costruito come entità legata da un vincolo di appartenenza ad un soggetto. Si tratta di un’idea, però, da tempo sottoposta a profonde revisioni e seri ripensamenti anche in considerazione del progressivo incremento delle ipotesi, legislativamente previste, di patrimoni destinati svincolati da logiche di appartenenza ad un soggetto.
Peraltro è proprio in ambito successorio, con riferimento all’ipotesi dell’eredità giacente, disciplinata all’art. 528, che, come detto, parte della dottrina ha parlato di patrimonio autonomo.
Recuperando un concetto lato di circolazione giuridica come traslazione di beni, si finisce allora per ricomprendervi le vicende successorie anche quelle avvenute in esecuzione di disposizioni testamentarie.
Questo non vuol dire perdere di vista le peculiarità della circolazione mortis causa connotata da necessarietà.
In tale logica il testamento acquista un ruolo, nell’ambito della circolazione giuridica, come strumento negoziale attraverso cui è possibile programmare in vita la propria vicenda successoria, rispondendo anche ad esigenze proprie della circolazione dei beni prima tra tutte quella di certezza in termini di stabilità dell’attribuzione, di opponibilità, di tutela in caso di molestie nel godimento dei diritti acquisiti.
Non dimentichiamoci comunque che la circolazione giuridica, a differenza di quella meramente economica, è ordinata a logiche di valore piuttosto che di mera utilità. La stabilità di una vicenda circolatoria potrà essere allora minata, sul piano del giudizio di validità, in caso di violazione di norme imperative, dell’ordine pubblico o del buon costume.
2. Testamento e successione ereditaria.
L’art. 457 sancisce che l’eredità si devolve per legge o per testamento. La delazione rappresenta uno dei momenti del procedimento successorio che conducono all’acquisto dell’eredità e si concretizza con l’attribuzione del diritto di accettare al soggetto, che con la vocazione era stato designato solo in astratto.
Dalla norma gli interpreti deducono il principio del numero chiuso delle fonti di delazione con l’espressa esclusione di devoluzioni per contratto in rispondenza a quanto previsto all’art. 458 in tema di divieto di patti successori.
La dottrina vi legge inoltre il riconoscimento, da parte del legislatore, della funzione primaria della successione legittima, strutturalmente e funzionalmente distinta rispetto alla successione testamentaria.
Il fatto che la vicenda successoria si apra sempre con l’evento morte, momento necessario ancorché non sufficiente all’acquisto dell’eredità, non permette di superare le differenze disciplinari che connotano i due processi di successione ereditaria. L’accettazione sarà necessariamente accettazione della delazione testamentaria o della delazione legale, ed è l’accettazione che rappresenta momento costitutivo dell’acquisto dell’eredità.
Il tema si lega alla problematica relativa all’acquisto dell’eredità. La soluzione tradizionale muove dall’idea dell’unicità e simultaneità della delazione cui seguirebbe l’unicità dell’accettazione. Secondo tale logica ricostruttiva, infatti, il titolo (testamento o legge) avrebbe unicamente il fine di individuare il soggetto chiamato, onde attribuirgli il diritto di acquistare l’eredità mediante l’atto di accettazione avente, appunto, come oggetto, non la specifica offerta legale o testamentaria, ma la stessa successione ereditaria.
La delazione sarebbe unica e simultanea in quanto si avrebbe allo stesso tempo per tutti i gradi di chiamata. Ne seguirebbe che il chiamato successivo non sarebbe titolare di una mera aspettativa in pendenza del termine per l’accettazione del primo chiamato, potendo questi accettare sin dal momento dell’apertura della successione. L’acquisto dell’eredità si realizzerà, comunque, nei suoi confronti solo ove il primo chiamato non voglia o non possa accettare oppure rifiuti l’eredità.
Sotto il profilo dell’individuazione del dies a quo, per il decorso del termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità, si sostiene, movendo dalla tesi dell’unicità e simultaneità della delazione, che unico sia anche questo, indipendentemente dal diverso titolo della successione .
Come abbiamo avuto modo di evidenziare in passato, tale costruzione dà luogo a perplessità in relazione alla sua applicazione pratica. Non si comprende, in particolare, come mai il legislatore abbia discriminato l’erede testamentario, il quale può trovarsi fortemente penalizzato dalla ignoranza anche incolpevole della propria chiamata .
Anche un marcato bipolarismo tra successione legittima e successione testamentaria, però, non convince. Quanto meno dal punto di vista funzionale simili partizioni devono essere riviste in una logica unitaria.
Se si spoglia, un po’, il testamento di quel marcato volontarismo improntato alla esclusiva tutela della persona del de cuius e si cerca di vedere anche in questo finalità sociali di allocazione dei beni e dei rapporti del defunto, forse si può tornare a parlare di successione ereditaria al singolare.
La scelta del nostro legislatore di riconoscere spazi adeguati alla successione testamentaria è forse da riferire, piuttosto che a ragioni di riconoscimento, quasi sacro, delle ultime volontà del de cuius, a ragioni di opportunità fondate sul presupposto che quest’ultimo abbia una concreta e completa visione della propria vicenda successoria e sia in grado di pianificarla in maniera più adeguata delle astratte disposizioni di legge.
Anche nella disciplina della successione testamentaria, e non solo in quella della successione legittima, emergono istanze sociali di utile attuazione della circolazione della ricchezza.
Si potrebbe dire che pure la solidarietà, più propria della successione legittima, viene recuperata nell’ambito della successione testamentaria per i limiti posti agli effetti delle disposizioni testamentarie dalla successione necessaria e, come vedremo, non solo.
La dottrina maggioritaria tende a negare la natura di tertium genus alla successione necessaria. Questa non avrebbe un carattere autonomo accanto alla successione legittima e testamentaria, ma sarebbe unicamente un limite alla efficacia delle disposizioni del de cuius in rispondenza agli interessi familiari. Il fatto che la successione necessaria preveda quote diverse rispetto alla successione legittima non varrebbe a fondarne l’autonomia rispetto a quest’ultima, avendo ciò un’incidenza puramente sul piano quantitativo.
Attraverso l’istituto della legittima il legislatore ha inteso tutelare alcuni soggetti, in ragione di un certo vincolo parentale con il defunto, sancendo che questi non possono essere privati dei diritti successori, riconosciuti loro dalla legge, solo per effetto di un atto di volontà del de cuius.
La riserva di tali diritti successori presupporrebbe pertanto uno status familiare e il legislatore avrebbe con essa contemperato il principio di autonomia privata con la tutela dei familiari del defunto che, ad avviso del legislatore, hanno avuto un’ordinaria condivisione di vita con questi di cui si deve tener conto sotto il profilo patrimoniale dopo la sua morte.
Alcuni autori, movendo dal limitato numero di soggetti tutelati dal legislatore – coniuge, figli legittimi, figli naturali e ascendenti legittimi - ritengono che il fondamento della successione necessaria non sia tanto la tutela della famiglia, ma piuttosto la tutela di talune posizioni individuali in ragione dell’apporto che questi hanno dato (o dovrebbero aver dato) in vita al de cuius.
Tende così ad offuscarsi la rilevanza di istanze di solidarietà familiare nella vicenda successoria.
Ci pare che forse, però, la questione dovrebbe essere portata su un altro piano e precisamente sull’attuale concetto giuridico di famiglia, non più concepita come un’entità superindividuale.
Il diritto successorio non può che essere influenzato dal mutato concetto di famiglia e dalle nuove dinamiche sociali che lo connotano facendo emergere le singole posizioni di interesse che vanno a comporre la comunità familiare.
Anche la c.d. solidarietà familiare dovrebbe allora essere rivista piuttosto come sistema di tutela di interessi individuali di alcuni membri della famiglia i quali meriterebbero distinta considerazione nel momento successorio in ragione dell’apporto che tali membri dovrebbero, in via presuntiva, aver dato alla conservazione e all’incremento del patrimonio del de cuius.
I rapporti familiari nella vicenda successoria assumono importanza e rilievo non in ragione di un superiore e generale interesse della famiglia legittima, come centro di interessi autonomo rispetto alle posizioni individuali che la compongono, ma in ragione del rapporto di vita, che, anche solo presuntivamente, si ritiene si sia venuto a creare tra determinati componenti dell’unità familiare .
Non si può peraltro dimenticare che la stessa legittima ha subito interventi, per quanto contenuti, da parte del legislatore volti a consentire meccanismi di “disponibilità” dei relativi diritti prima della morte del de cuius , né si possono dimenticare i progetti di revisione degli artt. 536 ss. in una logica di ripensamento in chiave libertaria del sistema della quota di riserva .
Sul punto Henrich D. Autonomia testamentaria v. successione necessaria, in Familia, 2001, p. 411; Amadio G., La successione necessaria tra proposte di abrogazione e istanze di riforma, in Riv. notariato, 2007, p. 803; Delle Monache S., Abolizione della successione necessaria?, in Riv. notariato, 2007, p. 815; Putti P.M., Nuovi modelli di relazioni familiari tra prospettive di apertura ed esigenze di confronto, in Dir. famiglia, 2009, p. 826; Cinque M., Sulle sorti della successione necessaria, in Riv. dir. civ., 2011, II, p. 493 ss. Per un’indagine comparatistica del problema si rinvia a Comporti M., Riflessioni in tema di autonomia testamentaria, tutela dei legittimari, indegnità a succedere e diseredazione,in Familia, 2003, p. 27. Sulla common law inglese: Valia C., La libertà di disposizione testamentaria in Gran Bretagna, in Studi senesi, 2002, p. 361 ss.; Borkowski A., Textbook on succession, London, 1997, p. 12 ss.; Oughton R.D., Tyler's Family Provision, London, 1997, p. 20 ss.; D.H. Parry & J.B. Clark, The law of succession, London, 1988, p. 10 ss.; Mellows A.R., The law of succession, London, 1973, p. 8 ss.; Zoppini A., Le successioni in diritto comparato, in Tratt,. dir. comp. Sacco, Torino, 2002.
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Ouvert le : dimanche 3 mars 2019, 00:00À rendre : vendredi 15 mars 2019, 23:00
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Ouvert le : dimanche 24 mars 2019, 00:00À rendre : vendredi 26 avril 2019, 00:00
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CORSO DI DIRITTO DI FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI
SEMINARI TEORICO-PRATICI
Notaio Massimo Palazzo
4 aprile accordi pre crisi
2 maggio il ruolo del notaio e legge dopo di noi
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Ouvert le : jeudi 2 mai 2019, 08:00À rendre : vendredi 17 mai 2019, 00:00