Buongiorno, ecco il resoconto della week 2, modulo 2 del mio mooc.
Il secondo modulo della week 2 affronta il tema della conoscenza: che cos'è la conoscenza, in che cosa si differenzia conoscere qualcosa dal credere in qualcosa o dall' ipotizzare? E che tipo di conoscenza ci è possibile avere? Viviamo nell' era dell'informazione accessibile con un click, ma questo non sembra essere tanto utile se non siamo in grado di distinguere la buona informazione da quella cattiva. Perciò il problema epistemologico assume un ruolo chiave oggi. Quali sono i costituenti base del conoscere? Il Professor Duncan Pritchard parte dalla conoscenza proposizionale. Con una proposizione definiamo lo stato di un oggetto, asseriamo che nel mondo l'oggetto ha determinate caratteristiche, si trova in una determinata posizione. La conoscenza proposizionale può essere vera o falsa perché il linguaggio proposizionale può assumere un valore di verità affermativo o negativo: il gatto è sul tavolo oppure il gatto non è sul tavolo. Dunque la conoscenza richiede la verità. Se io affermo che "il gatto è sul tavolo" è una proposizione vera, allora so che il gatto è sul tavolo. Questo è il primo fondamento della conoscenza. Consideriamo ora le frasi "l'uomo è stato sulla luna" e "è probabile che l'uomo sia stato sulla luna". La prima affermazione è molto più forte della prima, esprime una conoscenza; la seconda solo una supposizione in quanto esiste la possibilità che l'uomo non sia stato sulla luna. La seconda base della conoscenza è che per conoscere qualcosa bisogna credere in qualcosa. Unendo le due basi si ottiene una prima definizione di conoscenza: la conoscenza è una credenza vera. Ma credere in qualcosa di vero non è sufficiente per conoscere qualcosa. Consideriamo il caso di una giuria che arrivi a una sentenza di colpevolezza in base ad un mero pregiudizio nei confronti dell'imputato e supponiamo che l'imputato sia in effetti colpevole. La giuria ha dunque una credenza vera ma non possiamo dire che sia conoscenza perché è basata sul pregiudizio. Consideriamo ora il caso di una giuria che formula il giudizio analizzando minuziosamente le prove a carico dell'imputato e le testimonianze, aderendo strettamente all'evidenza dei fatti . La prima giuria ha emesso un giudizio giusto solo per una questione di fortuna, la seconda in base ad un ragionamento. Così si può concludere che si ha conoscenza solo se la nostra vera credenza non deriva dal caso (anti luck intuition o ability intuition); il soggetto deve esercitare le sue abilità cognitive, che risultano rilevanti ai fini della trasformazione di una vera credenza in conoscenza.
Questa visione della conoscenza è classica, risale ai tempi di Platone. Secondo gli antichi la conoscenza è una vera credenza supportata da un ragionamento giustificativo. Edmund Gettier nel 1963 in un breve articolo descrisse dei casi in cui la teoria classica non funzionava. Si tratta di controesempi in cui sono soddisfatte le condizioni sui cui si fonda la teoria della conoscenza classica ma, allo stesso tempo, il fatto che ci sia conoscenza è solo una questione di fortuna. Semplificando, viene riportato come controesempio il caso di una persona che guarda l'orologio appeso al muro della sua casa, orologio che ha sempre funzionato e che riporta casualmente l'ora corretta dato che si è fermato 12 ore prima. Un modo per risolvere il problema posto da Gettier potrebbe essere quello di aggiungere un'ulteriore condizione alla teoria classica e dire che la credenza non può basarsi su assunti falsi, non si può partire da un lemma falso.
Tuttavia quando formuliamo una credenza spesso non abbiamo una lista di assunzioni e non scartiamo quelle false. Un uomo che guarda l'orologio pensa che l'ora sia giusta, non pensa: "sto assumendo che l'orologio non abbia problemi". Non è così semplice aggirare il problema di Gettier. Secondo lo scettiscismo la nostra conoscenza è molto limitata e per lo scetticismo radicale semplicemente non è possibile. Lo scettico argomenta che non possiamo sapere per certo di non essere dei cervelli in una vasca, con degli elettrodi che mettono il cervello in contatto con un software che simula il mondo intorno a noi e tutto quello che crediamo vero. Questa è l'idea alla base del film "Matrix".
Buona festa e un caro saluto da Isabella